Palazzo Ruffo della Scaletta |
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| Atrio e Scalone
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Il palazzo che confina
sul lato destro con il giardino di villa Pignatelli, apparteneva
originariamente a Tiberio Carafa, principe di Bisignano e Belvedere,
personaggio geniale, di grande spicco nella societa' dell'epoca,
cavaliere del Toson d'Oro e Grande di Spagna. Un uomo molto
stravagante, come ci informa il Celano, al punto di allevare in casa
leoni, fino a riprodurli, e ne aveva tra questi uno cosi' mansueto che
dormiva nella stessa camera del principe e andava in barca e in
carrozza e prendeva il cibo unicamente dalle mani del suo padrone, "era
la delizia de' ragazzi di Chiaja; poiche' calando il principe a
spaziarsi per quei lidi, vi si ponevano a lottare ed a burlare, come
appunto fosse un altro ragazzo".
Purtroppo pero' la bestia mori' impiccata perche', in mancanza del padrone si lancio' da una finestra e rimane sospeso nel vuoto con la corda al collo, con cui era stato legato, con grande dispiacere del principe, che poi nel luogo ove fu sotterrato, fece erigere una lapide. Aveva anche altri animali esotici e spesso invitava dame e gentiluomini, dopo aver offerto loro cose dolci, ad assistere a giochi tra tigri e cavalli. Stravaganze dei nobili, che non piacevano al popolo, infatti nel 1647, mentre il Carafa era a Roma, durante i tumulti popolari, furono uccisi quattro leoncini ed altri animali "a colpi d'archibugiate".Il Palazzo fu rifatto nella facciata e nella parte esterna, nel secolo XVIII da Francesco Saverio Ferrari, colonnello del genio borbonico, quando passo' a Don Antonio Ruffo principe della Scaletta, Ministro e Segretario di Stato, della Guerra e Marina, che lo acquisto' da Marino Carafa principe di Belvedere, nel 1828 in grave disagio economico. |
In seguito, tra il 1832 e il 1835, il Bechi, ci dice il Catalani,
"costrui' circa venti stanze dal lato di settentrione, ed una gran sala
vi fece di palmi ottantotto per quarantaquattro adorna tutta di
stucchi, dorature e dipinture disposte con molta armonia", fatta
"guastare" dai figli del principe della Scaletta.
Vi opero' pure il Bechi una magnifica scala ornata di stucchi e di marmi, "la quale con molta eleganza fu condotta a fine". Questa scala di forma ottagonale coperta con un padiglione che accoglie in cima un grazioso lanternino, secondo il Venditti, uno dei piu' interessanti episodi del neoclassico napoletano e' quella ancora esistente che si puo' vedere recandosi al secondo piano dove c'e' l'Istituto Tedesco "Goethe", dopo aver attraversato, a piano terra, un peristilio con due file di colonne corinzie. Gli interni sono molto riccamente decorati, ad opera di vari artisti tra cui i pittori Giusto e Maldarelli, lo scultore Gennaro Aveta, di cui si conservano il vestibolo con volta a scodella e stucchi di diversi colori e la prima stanza del secondo piano nobile, "una sala a boscaglia e pastori dipinta" dice il Sasso, che ne descrive anche un'altra alla pompeiana, e infine la grande sala di festa con "...dorature, gessi, stucchi, colori vivaci, intagli d'ogni sorta e ricchi dipinti alla pompeiana ivi producevano una molto gradevole e gaia decorazione". Il Doria ci informa che nel nostro secolo, nel palazzo abitava donna Lisa Croce Nunziante, che riuniva presso la sua casa i piu' illustri personaggi della citta'. |
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